Restituiamo le vigne alla Valle d’Itria
Alla ricerca dell’identità perduta
In Valle d’Itria si sta verificando negli ultimi tempi un fenomeno preoccupante: la superficie vitata che fino a qualche anno fa contava 2500 ettari si è ridotta a meno di 300. La vigna dunque è pressoché scomparsa dai panorami della Valle. I contadini hanno spiantato centinaia di ettari di vigneti a favore di ciliegi ed ulivi, perché evidentemente l’attività non era più redditizia; il territorio dunque si è letteralmente trasformato. La Valle d’Itria situata al centro delle tre province Bari, Taranto e Brindisi e allocata nel cuore delle Murge del Sud Est, è un posto unico al mondo per le sue bellezze naturali, le tipiche costruzioni di pietra calcarea, il clima mite e la peculiarità dei suoi borghi bianchi, ed avrebbe dovuto fare del turismo enologico un elemento fondamentale per la sua economia, ma nella sostanza dei fatti sta autodistruggendo il suo patrimonio ampelografico.. Certamente le cause che hanno determinato questo desolante declino sono state tante, vediamone alcune:
a) la scomparsa dei vitigni minori nell’uvaggio della Doc;
b) l’arrivo di vitigni dalla grande produttività, ma qualitativamente scadenti;
c) la mancanza di personale qualificato nella commercializzazione e nel marketing;
d) la mancanza di spirito di innovazione da parte degli addetti ai lavori;
In ultimo, ma non meno incisivo, è stato il venir meno di aziende quali Martini e Rossi e Folonari che compravano le uve per produrre il Vermouth, quindi il piccolo produttore sentitosi solo e privo di mezzi non è stato più in grado di prendere iniziative. La viticoltura della Valle infatti è stata sempre condizionata dalla presenza di queste grandi aziende che compravano le uve per portarle al Nord d’Italia. Da qui all’espianto delle vigne il passo è stato breve e non si può continuare a restare a guardare; questa è la ragione per la quale noi della condotta di Slow Food Alberobello e Valle d’Itria abbiamo sentito l’urgenza d’intervenire.
Slow Food Italia è un movimento culturale che si batte per la biodiversità e contro la globalizzazione, per la territorialità e per la tracciabilità dei prodotti della terra. Dal momento che il vino di questa terra sta perdendo la propria identità e dunque la propria anima, noi abbiamo sentito il dovere di intervenire, di batterci per salvare il salvabile o quantomeno per limitare i danni. Ci rivolgiamo ai soci di Slow Food, ma anche ai non soci, a tutti coloro cui sta a cuore questo problema chiedendo di scriverci ed esprimere il proprio parere. Suggeriteci i nominativi di persone che possano esserci utili in questa nostra “campagna” e ve ne saremo grati. Siamo del parere che bisognerà puntare in maniera decisa e ferma sulla qualità, magari piantando vitigni autoctoni, e quindi rispolverando viti dimenticate affinché ridiano lustro e prestigio ai vini di questa terra.
In questa operazione un ruolo rilevante ha e potrebbe avere in futuro il CRSA (Centro di Ricerca “Basile Caramia”) di Locorotondo che sta facendo ricerche su vitigni a bacca bianca sinora trascurati, come il Fiano minutolo, il Marchione, il Maruggio, l’Impigno, il Francavidda. Il Centro sta sperimentando inoltre vitigni a bacca rossa come il Susumaniello, poiché potrebbe essere solo un pregiudizio che questo territorio sia vocato esclusivamente per viti di uva a bacca bianca.
È importante, in conclusione, rivolgersi a gente fermamente intenzionata a cambiare e far cambiare anche la mentalità locale. È necessario il sostegno di persone di buona volontà (enologi, piccoli o grandi produttori) che abbiano il coraggio di fare degli esperimenti anche e di mettersi in gioco, per sé e per la propria terra. Le stesse cooperative dovrebbero cercare di motivare i contadini a cambiare e a sperimentare per poter finalmente “restituire le vigne alla Valle d’Itria”.
Felice Tinelli felicetinelli@libero.it
Responsabile Eventi Vini Slow Food Alberobello e Valle d’Itria
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Spazio dedicato alle vostre risposte
1) Potenzialità e strategie di valorizzazione: l’attività del C.R.S.A. Basile-Caramia
Caro Felice,
è vero come tu hai evidenziato che la vitivinicoltura dell’area presenta numerosi problemi strutturali che da tempo sono sotto gli occhi di tutti ma allo stesso tempo è sicuramente, nel contesto pugliese, la realtà con le maggiori potenzialità di sviluppo. Il potenziale di valorizzazione dei prodotti enogastronomici tipici è rappresentato proprio dai crescenti e consolidati flussi turistici (extraregionali e internazionali) richiamati dal fantastico scenario paesaggistico della valle dei trulli. In tutto l’arco dell’anno, il turista/visitatore, essendo stimolato a consumare in loco prodotti tipici rappresenta al contempo un grande mercato potenziale ed un potente strumento pubblicitario. La presenza di risorse genetiche uniche è l’altra grande risorsa che stimola appassionati ricercatori ad approfondire gli studi, valorizzare i risultati, aprendo gli scenari a nuovi prodotti ed idee commerciali. Tuttavia per molte varietà autoctone non si dispone di materiale sano e/o certificato, e risulta quindi alquanto difficile presupporre di incrementare la coltivazione di queste varietà senza arrivare ad ottenerlo. In tale direzione il Centro di Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura “Basile-Caramia” (C.R.S.A.) di Locorotondo (Ba), che da sempre è al servizio del territorio, sta già lavorando da anni collaborando attivamente con Enti locali, aziende del comparto ed altre Istituzioni di ricerca regionali (Università, CNR, etc.). In particolare, sono tre i progetti nell’ambito dei quali il C.R.S.A ha svolto e continua a svolgere l’attività di recupero dei vitigni: uno finanziato dalla Regione Puglia dal titolo “Selezione clonale e sanitaria di vitigni ad uva da vino, da tavola e dei portinnesti (SELMIVI)” e uno finanziato dalla provincia di Bari sul “Recupero di vitigni autoctoni per la valorizzazione di produzioni enologiche di nicchia della Provincia di Bari”. Il terzo ambizioso progetto, ultimo ad essere avviato ha proprio come titolo “Recupero e valorizzazione della viticoltura nel comprensorio dei trulli” cofinanziato da Amministrazioni Provinciali, Comuni ed aziende. Comune denominatore di queste attività di ricerca è dunque il recupero del germoplasma, il C.R.S.A. “ Basile-Caramia” . Numerose sono state negli ultimi anni le nuove accessioni selezionate in vigneti commerciali dell’area e appartenenti ai vitigni Bianco d’Alessano, Fiano aromatico, Fiano rosa, Pagadebiti, Malvasia, Francavilla, Impigno, Uva della Scala, Uva della Specchia, Marchione, Maruggio, Verdeca, Susumaniello, San Nicola, Ottavianello, Notardomenico. La selezione di campo è il primo passo per arrivare all’ottenimento di materiale di propagazione sanitariamente idoneo e/o certificato. Inoltre sono stati condotti rilievi che riguardano le caratteristiche produttive e biometriche, finalizzate non solo all’omologazione dei cloni ma anche all’Iscrizione al Catalogo Nazionale delle Varietà di Vite, di quei vitigni minori (la maggior per la verità) che ancora non lo sono. Infatti bisogna considerare che l’iscrizione a catalogo delle varietà è condizione necessaria perché il nome del vitigno appaia in etichetta oltre che, assolutamente prioritario, per poter essere coltivati. Altro scopo della Ricerca è quello di adattare i processi di trasformazione enologica alle caratteristiche dei singoli vitigni oltre che sperimentare ed individuare nuove tipologie di vino e/o di prodotto. Anche questa attività, per la verità già in parte avviata dal C.R.S.A. “ Basile-Caramia”, ha come obiettivo quello di approfondire le componenti fenoliche e aromatiche (soprattutto i composti terpenici che caratterizzano le varietà autoctone) dei diversi vitigni, (e non solo di quelli più evidentemente dotati dal punto di vista aromatico come ad esempio il Fiano minutolo, o il Marchione) per poterle esaltare con tecniche e protocolli di vinificazione mirati, come ad esempio la vinificazione in riduzione per le varietà bianche aromatiche. Tutto ciò mira a far sì che i vitigni minori non rientrino solo negli uvaggi delle DOC ma che possano essi stessi costituirsi alla base di nuovi prodotti (ad esempio distillati, passiti, vinificazioni monovitigno) che essendo così peculiari del territorio sarebbero al sicuro da eventuale competizione internazionale e costituirebbero una nuova interessante componente del turismo enogastronomico locale.
Cari saluti,
Pamela Giannini
(Settore Viticoltura ed Enologia del CRSA Basile Caramia)
2)
Caro Felice
sono un enologo di Cisternino (da poco tempo trasferito in Puglia) e con
rammarico confermo quello che hai riportato nell'articolo, devo però precisare
che nel tempo la Puglia, ivi compresa la Valle d'Itria, ha lasciato la strada
della qualità per inseguire la quantità, cose che peraltro potrebbero viaggiare
in parallelo (con alcuni limiti) conseguendo per la maggior parte un titolo di
"cantina d'Italia" (titolo che ovviamente non piace a nessuno).
Purtroppo la battaglia non è possibile farla con i soli vitigni autoctoni ma
serve soprattutto il marketing, vinificazioni innovative che abbinate a nuovi
impianti e ad una massiccia dose di volontà politica permetterebbe lo sviluppo
dell'enoturismo ed ovviamente di nuove imprese vitivinicole.
Infatti, comunque, bisogna scontrarsi con le grandi e blasonate zone
vitivinicole (e relativi vini) con le numerose difficoltà del caso pensando al
futuro non solo con vitigni a bacca bianca ma anche con quelli a bacca rossa, i
quali potrebbero comunque dare risultati senz'altro diversi che in altre zone
della stessa Puglia.
Inoltre, a mio parere, ci sarebbe bisogno di cambiare il disciplinare
apportando qualche modifica che porterebbe senz'altro ad un beneficio.
Inoltre sarei disposto a creare impresa anche con soci puntando
esclusivamente sulla qualità.
Fiducioso di un Vs. riscontro invio
Distinti Saluti
Conte Francesco
3) L'intervista a Lino Carparelli pubblicata su Polis.