7° Festival Internazionale del cibo di strada

 

 

7° Festival Internazionale del Cibo di Strada

A Cesena il 5, 6 e 7 ottobre 2012

 

 

Il 7° Festival Internazionale del Cibo di Strada si terrà nel centro storico di Cesena, da venerdì 5 a domenica 7 ottobre 2012. Orari: venerdì dalle 19 alle 24, sabato dalle 12 fino a Notte, domenica 7 ottobre dalle 12 alle 22. L’accesso all’area del Festival è libero, senza biglietto di ingresso.

Dopo lo straordinario successo delle edizioni precedenti il Festival biennale, organizzato da Confesercenti Cesenate, Slow Food Cesena e Conservatoire des Cuisines Méditerranéennes, torna con una ventina di isole gastronomiche che proporranno i cibi di strada provenienti da svariati paesi: dal Messico all’India, dalla Grecia al Kurdistan iracheno, dal Venezuela alla Provenza, dalla Russia al Marocco, dalla Romania all’Argentina e da numerose regioni italiane.

Durante il festival ci saranno incontri e degustazioni su vari argomenti. Quest’anno particolare è la collaborazione tra il Festival e l’Università di Bologna, campus di Scienze degli Alimenti che è coordinatrice del progetto europeo “Basefood”, sugli alimenti tradizionali dell’area del del Mar Nero. Venerdì 5 ottobre, dalle ore 16, presso la sala riunione “Biagio Dradi Maraldi”, in via Tiberti, 5 a Cesena, si terrà si terrà “Street Food Seminar” Un seminario universitario in lingua inglese, con la partecipazione di relatori internazionali (info www.tfi-2012.com). Sabato 6 ottobre, alle ore 10,30 si terrà il convegno “Gli alimenti tradizionali dei paesi del Mar Nero”, con il Prof. L. Filippo D’Antuono che illustrerà il Progetto dell’Unione Europea “Basefood”, coordinato dall’Università di Bologna, sede di Cesena. Seguirà una illustrazione dei Cibi di strada e dei cibi tradizionali nel bacino del Mar Nero, con contributi dei partner del progetto “Basefood” da Romania, Bulgaria, Ucraina, Russia, Turchia e Georgia.

Il Festival sarà arricchito anche da incontri, Talk Food, esposizioni, animazioni, musica, teatro di strada e officine gastronomiche con laboratori sul cibo di strada nel Mediterraneo e nel mondo, condotti dal giornalista “gastronomade” Vittorio Castellani aka Chef Kumalè.

Ci sarà anche una sezione dedicata allo Street Coffee con la degustazione dei caffé del mondo. Per chi giungerà a Cesena ci sarà la possibilità di conoscere la Città Malatestiana e il suo territorio attraverso visite guidate e tour messi a punto dallo Iat e da “Una Certa Romagna” (per informazioni: Iat tel. 0547.356327).

Ritorna dunque il festival internazionale dopo il notevole successo riscontrato a Cesena, l’anno scorso, dall’altra manifestazione sulle cucine di strada: “Saporìe – il Festival del Cibo di Strada”, con il gemellaggio tra Puglia, Sicilia, Campania ed Emilia-Romagna.

Ormai si parla dovunque del cibo di strada e ci sono vari tentativi di imitazione, ma la prima iniziativa (nel 2000) a mettere in campo e a dar valore a questo tipo di gastronomia è stata proprio questa manifestazione di Cesena, in una città che da tempo ha creduto in questo straordinario incontro di culture.

Nelle stesse giornate del Festival si terranno spettacoli di Musica, Arte e Teatro di Strada a cura dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Cesena.

Il Festival è organizzato da Confesercenti Cesenate, Slow Food Cesena e Conservatoire des Cuisines Méditerranéennes, con il patrocinio del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, del Comune di Cesena, dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna, della Provincia e della Camera di Commercio di Forlì-Cesena, di Slow Food Italia ed Emilia-Romagna, in collaborazione con l’Università di Bologna (relativamente al progetto europeo “Basefood”), il Touring Club Italiano, l’Associazione “Noi con Loro”, Zona A, Le Città I Mercati, Radio Bruno, Matilde Studio, la Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena, la Centrale del Latte di Cesena, Fattorie Malatestiane, Atr e Bia Cous Cous. Il Festival aiuta la sostenibilità ambientale grazie a Pieri & Graziani ed Eco-Zema.

 

Segreteria organizzativa Tel. 0547.622602 /// Fax 0547.610606

 

www.confesercenticesenate.com     www.cibodistrada.com

 

info@confesercenticesenate.com

 

“Slow Food26.raw”

 

“Obiettivo SLOW”

In occasione del 26° anniversario della fondazione di Slow Food, la condotta Slow Food Alberobello e Valle d’Itria in collaborazione con la sezione WWF di Martina Franca  indice il  2° Concorso fotografico “Slow Food26.raw”

REGOLAMENTO

Art.1– Il concorso ha per tema “Slow Food secondo il tuo obiettivo”. Le opere devono evidenziare la filosofia, la storia, le tematiche e tutto quello che l’associazione mette in evidenza (biodiversità, terra madre, comunità del cibo, presidi, buono-pulito e giusto, ecc).

Inoltre in questa edizione  sarà conferita una menzione speciale alla migliore foto sul tema: OGM

E ancora in occasione del protocollo dintesa stilato questanno tra Slow Food Italia e WWF Oasi viene indetto un tema speciale:  Natura, Flora e Fauna. Le opere preferibilmente eseguite in aree protette, oasi o riserve naturali metteranno in evidenza la bellezza e limportanza della salvaguardia della Natura, della biodiversità della flora e fauna.

A tal riguardo il WWF Martina Franca,  si impegna a promuovere la presente iniziativa nell’ambito della Festa delle Oasi che il 20 maggio si terrà presso l’Oasi WWF di Monte Sant’Elia in agro di Massafra.

Art.2- La partecipazione al concorso è libera a tutti, fotografi amatori e professionisti. Ogni autore può partecipare con un massimo di due opere per tema, sia a colori che in bianco e nero, stampate su carta fotografica in formato 20 x 30.

Saranno escluse dal concorso le foto elaborate con programmi di fotoritocco. Sul retro di ogni foto dovrà essere indicato in stampatello: nome e cognome e titolo dell’opera (con eventuale descrizione).

Art.3– Le foto saranno valutate dal giudizio insindacabile ed inappellabile da una giuria nominata dall’associazione e decreterà le opere vincitrici che saranno premiate il 26 Maggio 2012 in occasione del SLOW FOOD DAY che si svolgerà a Putignano.

Art.4– Tutte le opere riconosciute valide dalla giuria saranno esposte in occasione della manifestazione.

Art.5– La partecipazione al concorso implica l’accettazione del presente regolamento.

Art.6– Ogni partecipante è responsabile di quanto rappresentato nelle proprie opere, sollevando Slow Food Alberobello e Valle d’Itria da ogni responsabilità, anche nei confronti di eventuali soggetti raffigurati nelle fotografie.

Art.7– Ogni partecipante dichiara di possedere tutti i diritti sugli originali e sulle elaborazioni delle foto inviate; conserva la proprietà delle opere trasmesse alla giuria, ma cede i diritti d’uso delle immagini e delle eventuali elaborazioni a Slow Food Alberobello e valle d’Itria autorizzando la stessa associazione alla pubblicazione delle proprie foto, con il solo vincolo di indicare nella pubblicazione il nome dello stesso.

Art.8– Al termine della manifestazione il materiale pervenuto non verrà restituito ed entrerà a far parte dell’archivio dell’associazione, la stessa provvederà a pubblicarlo sul proprio sito www.slowfoodalberobello.it , su quello di Slow Food Puglia  www.slowfoodpuglia.it  e del WWF.

Art.9–  La partecipazione al concorso è gratuita.

Art.10– Ogni partecipante dovrà far pervenire entro e non oltre le ore 12:00 del  25 Maggio  2012 le opere stampate su carta fotografica in formato 20×30 riportando sul retro il titolo, il tema per cui concorre la foto ed una eventuale breve descrizione.

Le opere potranno pervenire a mezzo posta al seguente indirizzo: Slow Food Alberobello e Valle d’Itria, via De Giosa, 7   70011 Alberobello (BA), oppure consegnate nei seguenti Punti Slow:

Panta Rei – Flow Cafè Via Petrera, 9  70023 Gioia del Colle (Bari)

Cartoleria Futuroffice Via Mascagni, 33  74015 Martina Franca (Ta) Tel. 080.4801400

Per altri esigenze contattare i referenti del concorso.

Inoltre ogni partecipante dovrà far pervenire entro e non oltre il termine delle ore 12:00  25 Maggio 2012 via e-mail all’indirizzo slowfoodalberobello@virgilio.it  le opere in formato digitale jpeg con risoluzione massima 640×480 e la propria scheda di iscrizione (in allegato) compilata in ogni sua parte.

Art.11premi:

1° premio “Slow Food secondo il tuo obiettivo”: tessera  Slow Food (nuovo socio o rinnovo), piatto in ceramica di Slow Food Alberobello e Valle d’Itria.     

premio “Menzione Speciale “OGM”: tessera SF e prodotti dei presidi SF                    

1° premio “NATURA flora e fauna”: tessera  WWF (nuovo socio o rinnovo), Gadget WWF    

Ulteriori premi sono in fase di definizione, comprenderanno sicuramente prodotti messi a disposizione dai ns. soci produttori.

 

INFO: Francesco 335.6231826, Alessandro 328.6259450 Pino 348.3436174

Scarica la scheda d'iscrizione.

 

Il nostro “2° Slow Food day”

 

 


Programma:

 

Ore 09.30 – NELL’ORTO C’E’ PIU’ GUSTO

                                   Laboratorio di educazione sensoriale per i bambini

 

A seguire – ORTO IN CONDOTTA

                                  Presentazione del progetto di Slow Food

 

Ore 12.30 – L’APERITIVO E’ “CONTADINO”

                                 Con i prodotti dei soci produttori delle Comunità del Cibo e dei Presidi Slow Food del territorio.

 

Ore 16.00 – OBIETTIVO SLOW

                                Presentazione di una Mostra fotografica sui temi cari a Slow Food Premiazione della foto vincente il relativo concorso fotografico

 

Ore 18.30 – TRA CAPO E COLLO

Laboratorio di degustazione sensoriale dedicato al Capocollo di Martina Franca (Presidio Slow Food)

 

Ore 21.00 – LE QUATTRO STAGIONI CONTADINE

Spettacolo sul lavoro dei campi a cura della “Compagnia Stabile di Alberobello”

 

Per tutta la giornata saranno presenti nel Chiostro del Palazzo Municipale, piccoli stand espositivi di soci produttori, delle Comunità del Cibo e dei Presidi Slow Food del territorio.

 

 

PER INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI CHIAMARE I NUMERI:

 

 

Francesco Biasi 335.6231826

Flora Saponari 347.3229858

 

 

 

La cucina dei monasteri e delle abbazie – Aprile 2012

 

La cucina dei monasteri è un viaggio affascinante, che porta a fantasticare
di intrugli e alchimie nascoste, accostamenti e sviluppo delle pietanze e
dell’arte cibaria, scava nei meandri più nascosti dell’arte gastronomica
fatta cibo. Senza gas, abbattitori, forni a convenzione, frigoriferi,
affettatrice, mixer, stendi pasta, impastatrice, sottovuoto, sifone,
scavini, pela verdure. Si respira aria mistica in ogni ricetta, precursori
dello slogan dalla terra alla tavola dove i monaci hanno insegnato l’arte
della coltivazione e della trasformazione in cibo di prodotti della terra
arrivati da ovunque.

 

 

 

 

La cucina dei monasteri e delle abbazie.

 

Eccolo qua, un libricino che avevo letto tanto tempo fa e che poi avevo riposto negli scaffali della mia biblioteca, la cucina dei monasteri di Sebastiana Papa dove al modello culturale barbarico, ricco e esagerato si contrapponeva quello religioso costituito dall’idea della privazione alimentare.

La cucina dei monasteri è un viaggio affascinante, che porta a fantasticare di intrugli e alchimie nascoste, accostamenti e sviluppo delle pietanze e dell’arte cibaria, scava nei meandri più nascosti dell’arte gastronomica fatta cibo. Senza gas, abbattitori, forni a convenzione, frigoriferi, affettatrice, mixer, stendi pasta, impastatrice, sottovuoto, sifone, scavini, pela verdure. Si respira aria mistica in ogni ricetta, precursori dello slogan dalla terra alla tavola dove i monaci hanno insegnato l’arte della coltivazione e della trasformazione in cibo di prodotti della terra arrivati da ovunque. Nonostante il rapporto dei monaci con il cibo è sempre stato sottoposto ad un rigido regolamento ed enormemente caricato dei valori simbolici cristiani ed il convento diventa il luogo dove il piacere alimentare viene declassato in subordine alla convinzione che ogni ricerca di perfezione spirituale dovesse passare attraverso una stretta disciplina alimentare, istituzionalmente ridotto al minimo il cibarsi diventava negazione per mortificare il corpo ed innalzare lo spirito, anche se illuminati monaci ricordavano che il signore pretendeva la misericordia e non il sacrificio, cosi tramanda un memoriale scritto l’1 agosto 1246” Legenda Trium Sociorumm” cosi racconta ” avvenne che una notte dormendo li frati, gridò forte uno delli frati e disse: Io muoio di fame. Et Levandosi il beato Francesco subito fè porre la mensa, et come huomo di charità et discrezione mangiò con lui, acciocchè lui non si vergognasse mangiar solo, et di sua volontà. Et etiandio tutti gli altri mangiarono. Et poiché hebbero mangiato, disse il beato Francesco ai frati: Frati miei, cosi dico a voi, che ciascuno consideri sua natura et dia al suo corpo la necessità sua acciocchè possa servire allo spirito: perciochè dal soperchio mangiare, che ne noce al corpo et all’anima, noi siamo tenuti a guardare; cosi etiandio dalla soperchia astinentia; perciochè il Signore vuole la misericordia et non il sacrificio”. Nonostante tutto questo per interi secoli i monasteri sono stati l’unico luogo di scambio di informazioni, di contatto tra classi aristocratiche e popolari, anche perché basta andare a guardare da quali famiglie erano estrazioni gli abati e le badesse. Provenivano esclusivamente da famiglie aristocratiche, colte che varie vicissitudini o reali convinzioni religiose guidavano, non solo spiritualmente i semplici frati e le semplici monache la cui estrazione era popolare. Proprio in questi luoghi dove l’innalzamento dello spirito attraverso i digiuni, sovrasta il piacere del cibo che dona al corpo, sono stati trascritti e codificati innumerevoli manuali di cucina. Grazie al rapporto che per forza di cose si doveva instaurare tra religiosi e popolani, tra coloro che lavoravano nelle abbazie e nei monasteri e coloro che li conducevano, nei ceti popolari inizia a farsi strada la cultura del cibo e delle ricette. Cosi si spiega la diffusione tra i ceti più popolari e poco inclini alla lavorazione delle pietanze, di complessi piatti dei giorni di festa, erano proprio frati e monache a fornire loro le ricette migliori, risulta vero anche l’incontrario che i monaci colti e svelti di penna e calamaio scrivevano le semplici ricette che i contadini, i popolani facevano con i loro prodotti.

La ricchezza di ricettari monastici si riempie anche di scambio di informazioni tra conventi stessi, dove molte lettere ritrovate negli archivi, ed il libro di Sebastiana Papa ne è un valido conduttore, testimoniano che soprattutto in occasioni importanti di visite di alti esponenti del clero erano stati molto apprezzati certi piatti dei quali veniva richiesta la ricetta. Non diventa illazione l’affermare che nel mondo monastico vi era un’attenzione culturalmente alta del cibo, al reperimento delle risorse alimentari attraverso un’oculata organizzazione e gestione del sistema di reperibilità delle materie prime, del loro approvvigionamento anche perché il principio della privazione presuppone la disponibilità dei beni di cui privarsi e all’interno delle cucine del convento la carne ed altri prodotti non mancavano mai perché gli ospiti ed i pellegrini erano esonerati dalle diete e dai digiuni imposti dai regolamenti ecclesiali. Parecchi di questi motivi ci inducono a credere anzi ad affermare

che la cucina dei cibi, il bon ton e la relativa educazione a tavola hanno avuto origine tra le mura dei monasteri e delle abbazie.

 

 

RICETTE

 

Capretto con la cipolla “ramata”

ingredienti

2 kg di capretto

500 gr di cipolla “ramata”(color rame”

4 foglie di alloro

4 rametti di rosmarino

4 spicchi d’aglio

1 ciuffo di prezzemolo tritato

50 cc di olio extra vergine di oliva

sale q.b.

preparazione

Tagliare a pezzi grossolani il capretto.

Togliere la prima pellicina alle cipolle e metterle in acqua fredda .

In una capiente padella versare l’olio far riscaldare e aggiungere la carne, far rosolare a fuoco vivo per qualche minuto, abbassare al minimo la fiamma, aggiungere gli aromi e il sale e far cuocere a fuoco lentissimo per circa 20 minuti.

Quindi aggiungere le cipolle tagliate a fette sottilissime continuare la cottura per altri 15 minuti fino a quando le cipolle non si riducono a crema  aggiustare di sale e servire ricoprendo il capretto della salsina di cipolle e spezie..

 

 

‘Ficillatiedd ‘ con minestra di cicoria e finocchio.

Ingredienti:

I ‘ficillatiedd’ è del pane non lievitato che si fa impastando la farina con le uova e poca acqua; ottenuto l’impasto si fa riposare per circa 40 minuti quindi si versa su una teglia oleata , si spennella sopra un rosso d’uovo e si inforna fino a quando non diventa dorato. Un altro metodo per vedere la cottura è nell’inserire uno stecchino nell’impasto , se esce asciutto vuol dire che il ‘ficillatiedd’ è pronto.

Nel frattempo preparate la minestra di cicoria e finocchietto

2 cespi di cicoria

1 mazzo di finocchietto selvatico

50 gr di pecorino grattugiato

Olio extra vergine

Sale qb

Mondare la cicoria e il finocchietto, lavarli bene.

In una padella capiente versare le verdure e far cuocere.

A cottura ultimata cospargere di pecorino grattugiato e mangiare assieme al ‘ficillatiedd’.

 

PIZZA CON LA RICOTTA

Ingredienti

 per la pasta:

 600 gr. di farina

 2 cucchiai di strutto

 20 gr. di lievito di birra,

 sale.

Ingredienti

per il ripieno

500 gr. di ricotta di pecora o mista

 2 uova,

100 gr. di zucchero

chiodi di garofano

cannella.

procedimento

Impastate la farina con lo strutto, il sale e il lievito sciolto in acqua calda. Fate lievitare in luogo caldo per circa un'ora

Mettete in una ciotola la ricotta, le uova, lo zucchero, i chiodi di  garofano macinati finemente e la cannella in polvere e fate un impasto. Della pasta lievitata verrà steso uno strato in una teglia, sopra mettete l'impasto di ricotta che a sua volta verrà ricoperto da un altro strato di pasta. Unite sui bordi i due strati di pasta, praticando con una forchetta dei fori sulla sfoglia superiore e mettete nel forno a 180°.

 

 

SCARTEDDATE

Ingredienti:

500 gr. di farina di grano tenero

4 uova

 un pizzico di sale

2 cucchiai di zucchero

2 bicchieri di vino bianco secco

2 cucchiai di  olio extra vergine

2 cucchiai di  miele (o vino cotto).

procedimento

Impastate la farina con le uova, il vino bianco, sale, zucchero ed un pò d'acqua, in modo da ottenere un impasto ben elastico, che lascerete riposare un 15 minuti  in un tovagliolo umido.

Tirate una sfoglia e tagliatela a striscioline con la rotella dentata;

avvolgetela a nodi o a papillon o come meglio vi piaccia e friggete in abbondante olio.

Dopo la cottura cospargetele di miele o di vino cotto.

 

 

La colomba pasquale – Aprile 2012

  La colomba pasquale.

 

Se pensiamo alle feste di solito accostiamo i dolci o altre preparazioni gastronomiche ai riti di abitudini alimentari, cosi a Pasqua è ormai usanza, consolidata e diffusa, mangiare il dolce a forma di colomba. Rito che abili studi di marketing cercano di storicizzare, dando in versione la nascita del consumo del dolce a forma di colomba a Pasqua, con la  leggenda di re Alboino ( 526 -572 d.C.) il quale durante l’assedio di Pavia si vide offrire in segno di pace proprio una colomba preparata da una bella fanciulla pasticcera che cercava cosi di ingraziarsi la clemenza longobarda e porre fine all’assedio della sua splendida cittadina. Conoscendo la storia di re Alboino il dolce preparato dalla giovane fanciulla doveva essere di straordinaria fattezza e sapore per addolcire la ferocia di cui era famoso. Un'altra leggenda ci racconta dell’incontro tra Teodolinda (570- 627 d.C.) regina longobarda della città di Monza e l'abate irlandese Colombano (542 – 615 d.C). Al suo arrivo in città, attorno al 612 d.C. l’abate fu invitato con tutti i monaci ad un sontuoso pranzo fatto preparare in suo onore dalla regina Teodolinda. Pranzo ricco di carni e selvaggina che l’abate rifiutò perché vigeva il periodo di penitenza quaresimale. Teodolinda prese questo rifiuto come un’offesa alla sua ospitalità ma Colombano prontamente ringraziò e nello stesso tempo affermò che avrebbe potuto onorare la tavola, imbandita per lui e i suoi monaci, solo se la regina l’autorizzava a benedirla. La regina acconsentì a questa richiesta e Colombano alzando la mano destra in segno di croce, battezzò le pietanze che prontamente si trasformarono in candide colombe di pane, bianche come le loro tuniche monastiche. Il prodigio colpì molto Teodolinda che comprese la santità dell'abate. La colomba bianca divenne anche il simbolo iconografico del santo dove viene raffigurata sulla sua spalla, non sapremo mai se per la benedizione alla corte della regina di Tedolinda oppure per l’origine del suo nome, in gaelico Colum Bán che significa colomba bianca e in latino Columbanus Bobiensis. Nonostante si sono contesi  il dominio della penisola, dal punto di vista politico e gastronomico, i bizantini e i longobardi non hanno intaccato molto le sane abitudini che caratterizza la cucina proveniente dall’antica Roma. Abitudini culinarie che non cambiano nemmeno nel medioevo, perché basata su forti tradizioni e cotture consolidate. L’uso e consumo delle carni di maiale, delle verdure e delle carni ovine, vengono assorbiti e tramutati in leccornie dalla cucina rurale e popolana. Nelle feste religiose dei villaggi venivano preparati pasticci al forno con verdure miste a formaggi e salumi. I Longobardi portarono sulla tavola la cultura dell’allevamento del maiale e salutavano l’arrivo della Pasqua attraverso le torte salate ripiene di carne di maiale, uova sode e formaggio mentre i bizantini preferivano i "pastizz", dei calzoni di pasta di pane ripieni di carne di castrato o montone. Due riti che ancora sopravvivono nelle tradizioni di due paesi lucani, uno nell’entroterra montanaro Stigliano (Mt) dove si prepara la “ ngornata” fatta con salsiccia, uova sode e formaggio e l’altro sullo Ionio, Rotondella (Mt) vicino al mare, dove il “pastizz “originale era preparato con carni ovine.  Tutte e due piatti ormai andati in disuso, cosi la colomba vola sempre più in alto nelle nostre cucine! Comunque sia storia o leggenda della colomba, di vero storicamente risulta che la prima vera colomba fu preparata con un bel lancio pubblicitario da Dino Villani, direttore pubblicitario della ditta milanese Motta celebre per i suoi panettoni natalizi che negli anni trenta del 1900, per sfruttare gli stessi macchinari e la stessa pasta, ideò un dolce simile al panettone ma destinato alle solennità della Pasqua. La ricetta poi venne ripresa da Angelo Vergani che nel 1944 fondò la Vergani srl, azienda di Milano che ancora oggi produce colombe. Da allora la colomba a dolce diventa il simbolo della Pasqua di tutti gli italiani oltrepassando in breve anche i confini. L'impasto originale, a base di farina, burrouovazucchero e buccia d'arancia candita, con una ricca glassatura alle mandorle, nel tempo, come tutte le cose a sfondo commerciale ha assunto forme e varianti di ogni tipo, deliziando chiunque e chicchessia. In generale le sane abitudini che caratterizzano l'Italia dal tempo dei romani non cambiano quasi mai, la dieta mediterranea continua a essere la protagonista della tavola.

 


        
         Ricette.

 

Il pasticcio “pastizz”

 

Per il ripieno

1 kg di polpa di ovino adulto

4 uova

100 gr di pecorino grattugiato

un cucchiaio abbondante di prezzemolo tritato

sale qb

olio extra vergine

Tagliare a fettine sottili la carne e impastarla con le uova, il pecorino grattugiato, il prezzemolo, il sale e l’olio.

Per la pasta

1kg di farina di grano duro

2 cucchiai di strutto (sugna)

un bicchiere d’acqua

sale

impastare il tutto e far riposare per un’ora, quindi stendere la pasta con un matterello e formare con un piatto dei dischi , riempire con il composto rivoltando su se stessi i bordi, bucherellare una sola volta col la forchetta, spennellare con il rosso d’uovo e infornare a 180°

Note : gli abitanti di Rotondella portavano questo piatto alla Madonna di Anglona ( Tursi-Mt) il 9 settembre, per questo chiamata la “pastizzara

 

 

La torta incoronata “A ‘ngornata”  di Stigliano

 

Ingredienti

 

1 kg di farina bianca

4 uova

2 bicchieri di vino bianco secco

un cucchiaio di olio extra vergine

sale qb

200 gr di salsiccia stagionata

200 gr di “soppressata”

10 uova sode

400 gr di formaggio “primo sale”

250 gr di ricotta fresca

procedimento

Preparare una sfoglia di pasta sottile impastando il kg di farina, le 4 uova, 2 bicchieri di vino bianco, un cucchiaio di olio extra        vergine di oliva e sale.

Adattare la sfoglia in una teglia rotonda dove avete passato un pò di strutto o olio facendo uscire i bordi fuori (come la crostata)

Versare un po’ di olio sul fondo e fare un primo strato di salsiccia tagliata a rondelle, aggiungere le fette di uova bollite, il formaggio primo sale a fette, quindi la soppressata e la ricotta spalmata, se vi avanza altro aggiungete a strati quindi chiudete la torta con la pasta , spennellate con un tuorlo d’uovo e bucherellate con una forchetta, far cuocere in forno caldo per 25 minuti.

 

Una buona ricetta della Colomba Pasquale la trovate su  www.vivalafocaccia.com

 

 

 

Invito

Salute al piacere!

              

Carissimi soci,


qui in basso trovate l'invito all'incontro "Salute al piacere" che si terrà a Bari il 15 Febbraio.
Si tratta dell'incontro pugliese di un ciclo nazionale di incontri progettati in collaborazione con ADI ed AMDI.

Ingresso libero per i soci Slow Food previa prenotazione al numero 348.8701487 (orario pomeridiano) entro martedì 14 febbraio.

Vi aspettiamo.