La Bombetta, sul web

 

Le mitiche bombette di Slow Food Alberobello e Valle D’Itria colpiscono ancora e sono sulla home page del sito di Sigrid Vebert, autore di un famosissimo blog di cucina ed anche autore di una rubrica sul finger food sul mensile Gambero Rosso.

www.cavolettodibruxelles.it  

 

 

Spizzichi dal Salone del Gusto 2008

Una scoperta, cioè na roba mai vista né sentito prima (eh, signori miei, non si può mica conoscere tutto :-):

La Bombetta di Alberobello, una specie di involtino fatto – credo??? – di coppa e formaggio, untuoso e godurioso a volontà (se qualcuno ha dei dettagli da far pervenire a proposito dell’oggetto, ben venga :-) Sigrid Vebert

 

Luigi ha scritto: ciao Sigrid, vengo in aiuto per quanto riguarda le bombette :-) le bombette sono una specialita’ di Alberobello ma le fanno anche piu’ giu’ sino ad arrivare a Ostuni dove ci sono macellai che in estate tengono aperto sino a tardi con una griglia fuori al negozio dove ti cucinano la carne e te la servono al tavolo. Le bombette sono fatte con carne di manzo ripiene di formaggio e prosciutto, adesso la ricetta cambia da paese a paese o meglio ancora da macellaio a macellaio visto che nei paesini i macellai sono più che affidabili quindi molta gente si fida a comprarli gia’ fatti. Sono come un fagottino, secondo me la carne la battono fino a farla diventare sottile ci mettono il ripieno e lo chiudono a fagottino altrimenti tutto il formaggio rischia di uscire quando li cuoci. C’e’ chi ci mette un pò di pan grattato e formaggio grattugiato dentro e c’e’ chi c’e’ lo mette fuori prima di grigliarli. Se ti piacciono le bombette allora devi provare i “turcinieddi” o “gnummarieddi” a seconda di dove ti trovi in Puglia, sono fatti con fegatini di agnello, prezzemolo e pepe avvolte con le interiora lo so che a spiegarli cosi’ non gli daresti un centesimo pero sono la fine del mondo ed e’ un piatto che risale agli albori dell’umanita’ infatti e’ cosi che l’uomo ha cominciato a cucinare la carne ( c’e anche il fratello maggiore che si chiama “marro” che sarebbe una versione extra large del turcinieddo).

 

Babuska ha scritto: wow Sigrid, le bombette sembrano davvero meravigliose… Una scoperta anche per me, nonostante i miei 5 anni in Salento. Ma non mi stupisco: io adoro i rustici, ma già fuori Lecce sono una rarità, figuriamoci ad Alberobello… E viceversa, ovviamente.

Giulia ha scritto: a me la Puglia (oltre al mio vvuomo) ha fatto conoscere tre cose belle: la bombetta (carne avvolta con prosciutto e formaggio che varia a seconda della zona), la zampina (salsiccia sottilissima arrotolata e arrostita) e gli nghiummeridd (pezzi di fegato avvolti nella ‘rezza’ con prezzemolo e pepe e fatti alla brace). Credo che potrei mangiarne fino a scoppiare (come in effetti è capitato in tutte le sagre dove li ho trovati).

 

Uvetta ha scritto: bene bene, ho già l’acquolina e domani anche se ci sarà una ressa spaventosa, la bombetta di Alberobello non me la leva nessuno (ora sono certa di saperne di più io del mio fidanzato che è pugliese, tiè) Ciao a tutti!!

 

Luci ha scritto: Ciao Sigrid beata te che sei in giro al salone….
Purtroppo anche io sono una studentessa squattrinata e il salone costa, a dire la verità, un po’ troppo per noi!!!
Solo una precisazione per le bombette: non sono solo di Alberobello ma sono tipiche di tutta la Murgia, famosa proprio per le sue macellerie che ti cucinano la carne sul momento…
E’ molto difficile che la gente se le prepari in casa, di solito si comprano già fatte e ogni macellaio ha la sua ricetta….
L’ultima volta che le ho mangiate (quest’estate in spiaggia ;-)) erano di carne di cavallo, più leggere di quelle di maiale, ma semplicemente FANTASTICHE!!!
Ah dimenticavo… si cucinano solo ed esclusivamente sulla brace!!!
Ciao!

 

Lucy ha scritto: ciao Sigrid è un sacco che non vengo a dare una sbirciatina! e oggi che ci son tornata cosa mi ritrovo…..il piatto che fa impazzire tutti le BOMBETTE! sono nostreeee èèèè! (è inutile menzionare nuovamente la ricetta è stato già fatto. Io parlo da tarantina e qui è più rinomato il pesce, più che la carne, ma se vai dalle parti di Cisternino, Crispiano, Ostuni o una piccola frazione di Martina Franca chiamata San Paolo ci sono tanti di quei macellai che te la preparano in due minuti e la mangi già solo con gli occhi…e poi successivamente anche con la bocca (OVVIAMENTE), accompagnata con un bel bicchiere di primitivo…è una goduria solo a pensarci; una cosa molto spartana con tovaglie e piatti di carta ma non importa il contorno a noi interessa la sostanza! grazie di aver fatto riferimento a un piatto di qui giù…siamo fieri delle nostre BOMBETTE (anche impanate mmmm) buona giornata a tutti e complimenti come sempre Sigrid, si sente la tua passione tra le righe CIAOOOO

 

Ily ha scritto: che invidia vorrei tanto essere li…..
la mia mamma è pugliese ma le bombette non le avevo mai assaggiate una cosa simile che però chiamano gnumerelli sono piccoli involtini fatti con le interiora cotti alla griglia poi messi nella carta gialla con cipolle e pomodorini…….. una goduria.

 

Marguerited ha scritto: un cartoccio di calamari fritti, che gioia!!!!!!
Li papperei anche adesso con il thé.
Interessante il tuo reportage e le novità che racconti. La bombetta poi dev’essere strepitosa.
Buona giornata

La Bombetta, esplosione di sapori

 

 

La bombetta, esplosione di sapori

 

Non c’entra ne’ la foggia di un cappello ne’ una carica esplosiva: in Puglia, con la parola bombetta, si intende unicamente una gustosa specialità gastronomica, a base di carne, tipica di alcuni comuni della Valle d’Itria e della Murgia. La bontà della bombetta pugliese sta tutta nell’esperienza del macellaio e nella qualità della materia prima scelta: la carne della coppa (ossia del collo) del suino nazionale deve appartenere ad un animale allevato con sistema non intensivo e il cui peso sia intorno ai 160/180 chili. La robustezza del maiale, infatti, fa sì che il pezzo di carne sia adeguatamente venato e risulti, perciò, morbido. La coppa – che altro non è che il capocollo – viene tagliata a fette sottili, ognuna delle quali è prima insaporita con sale, pepe, rosmarino e prezzemolo, poi guarnita con un formaggio e, a piacimento, con un pezzetto di salume. Sul tipo di formaggio da impiegare i pareri dei macellai sono discordanti: c’è chi parla di grana (“perché non copre il sapore della carne”), chi di pecorino, chi di fontina; per questo ingrediente si può dire che sia il gusto personale a dettare la regola. Una volta farcita, la fetta di coppa deve essere chiusa e prendere il suo caratteristico aspetto di “bombetta”. Esiste una variante di questa specialità, che, a differenza di quella classica, è impanata con pane, formaggio e aromi (gli stessi del ripieno) e non vede l’aggiunta di alcun salume. Una volta pronte, le bombette vengono infilate in uno spiedo di ferro, messe nel forno, a carbone o a legna, e lasciate arrostire non “alla fiamma”, ma col riverbero del calore. La cottura è di circa venti minuti e, in quel lasso tempo, lo spiedo deve essere girato un paio di volte per evitare che la carne non sia anche solo parzialmente carbonizzata.

Come e dove cuocere la bombetta non è un dettaglio. Infatti, voler svelare tutti i segreti della bombetta senza parlare di fornelli, di tradizioni, di territorio significherebbe togliere sapore a questo prodotto unico. Diffusa soprattutto nelle province di Bari, Brindisi e Taranto, la carne al fornello ha come fulcro la Murgia dei trulli, delle grotte e delle gravine, con i suoi paesi suggestivi, dai centri storici tutti stradine bianche e piazzette. E’ proprio nelle vie del cuore antico delle città, che si mantiene viva l’usanza del fornello: macelleria con un forno interno dove arrostire la carne appena scelta al banco. Se oggi è una consuetudine che attira molti turisti, in origine il fornello era strettamente legato al mondo contadino povero, quello dei latifondi, dove i braccianti vivevano umilmente, costretti a regimi alimentari frugali. A quel tempo la carne era considerata un lusso da concedersi solo in occasioni di particolari ricorrenze, specie di carattere religioso. Le ristrettezze economiche obbligavano i ceti meno abbienti a scegliere carni di minor pregio o quelle parti anatomiche che i benestanti scartavano, come le frattaglie, ingegnandosi tuttavia per renderle gradite al palato. Erano preferite parti grasse, che potessero non solo essere saporite, ma anche di sostegno al faticoso lavoro contadino. E se per cuocere le carni il proprietario del latifondo poteva permettersi di accendere il forno di casa, il contadino era costretto a risparmiare su legna e carbone, preferendo così il fornello pubblico, quello messo a disposizione dal macellaio del paese, per far arrostire carne che, divisa in piccole porzioni, aveva il pregio di cuocersi velocemente. Questa consuetudine non si è mai persa del tutto, ma dopo il boom economico degli anni ’60, è rimasta confinata ai periodi delle feste. E’ a partire dalla metà degli anni ’90 che – con la crescita del turismo in Puglia e, in particolare, con il fermento culturale sviluppatosi in alcuni paesi dell’entroterra – si è aperta una nuova stagione del fornello, che ha perso il suo stretto legame con le solennità religiose per diventare momento conviviale informale. E se tradizionalmente la carne arrostita veniva messa in un cartoccio per esser poi consumata ancora fumante a casa o per strada, magari dentro ad un panino, ora quasi tutte le macellerie dotate di forno hanno destinato piccoli spazi della bottega a tavoli e panche, per consentire agli avventori di apprezzare le specialità appena cotte, comodamente seduti in un ambiente famigliare. Così, che ci si trovi a Cisternino, piccolo centro che per la sua qualità della vita è entrato a far parte a buon diritto della rete internazionale Cittàslow, o tra i trulli di Alberobello o in una piazza di Noci, gustando una bombetta appena uscita da un fornello si avrà la possibilità di ripetere un rituale antico, tramandato di generazione in generazione.

 

                                                                               Federica Sgrazzutti per il magazine Gusto di Puglia

 

 

Articolo tratto dalla rivista "Gusto di Puglia" n°5 anno 2008.